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Il 90% della popolazione è obesa, ma la maggior parte non lo sa

Scopri la verità sull’obesità: l’IMC non dice tutto!

1. Organizzazione Mondiale della Sanità e Obesità

L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) definisce l’obesità come “una condizione in cui la percentuale di grasso corporeo è aumentata in misura tale da compromettere la salute e il benessere e, a causa dell’allarmante aumento della prevalenza, l’ha dichiarata come ” epidemia globale”.

L’elevata prevalenza dell’obesità è un problema di salute pubblica globale a causa della sua associazione con diverse malattie e della ridotta durata della vita.

Nasce come risultato di una complessa interazione di fattori genetici, stile di vita e soprattutto dalle abitudini alimentari.

A causa del ruolo endocrino e infiammatorio del tessuto grasso è necessario classificare la condizione di obesità sulla base della composizione e distribuzione del grasso corporeo, piuttosto che semplicemente sull’aumento del peso corporeo.

2. L’indice di massa corporea, cos’è e come viene utilizzato

Pertanto, l’indice di massa corporea “IMC” in inglese “BMI”, un rapporto tra il peso e l’altezza al quadrato (kg/m 2 ) di un soggetto, utilizzato per approssimare facilmente la percentuale di grasso corporeo e stratificare le persone in categorie, porta a un grande errore, una classificazione errata, e soprattutto alla sottostima dell’obesità.

Tuttavia proprio per la sua semplicità d’utilizzo, viene utilizzato ogni volta che si cerca di classificare una determinata popolazione.

Infatti, la formula obsoleta del BMI sviluppata quasi 200 anni fa da Quetelet, non misura il grasso, ma è semplicemente una stima matematica imprecisa[ 12 – 14 ].

La sua popolarità deriva in parte dalla sua praticità, sicurezza e costo minimo, e il suo uso è molto diffuso, nonostante l’ IMC ignori diversi fattori importanti che influenzano l’adiposità.

Inoltre, l’errore nella diagnosi di obesità genera una falsa convinzione nelle persone, di non essere a rischio sviluppare malattie, diventando l’errore stesso un ulteriore fattore di rischio.

Soprattutto chi possiede una bassa quantità di massa muscolare e un eccesso di massa magra, definiti “finti magri” possono essere facilmente degli obesi classificati con un IMC normale.

La formula dell’IMC è solo un’approssimazione aritmetica per la quantità relativa di adiposità e viene utilizzata per prevedere e valutare il rischio di malattia negli studi epidemiologici, agendo quindi solo come indicatore di obesità a livello di popolazione.

Tuttavia, secondo un comitato di esperti dell’OMS, “non c’è accordo sui punti limite per il PBF che costituisce l’obesità”.

3. IMC vs percentuale di grasso corporea

La ricerca attuale suggerisce che la percentuale di grasso sopra la quale può essere definita obesità è compresa tra il 23% e il 25% negli uomini e tra il 30% e il 35% nelle donne.

L’uso clinico dei valori soglia dell’IMC dell’OMS,  quando applicati per esempio ad una popolazione come quella italiana, causa errori di classificazione e un numero considerevole di soggetti, sia maschi che femmine, che non viene classificato come obeso sulla base del solo indice di massa corporea.

Il disaccordo è diventato impressionante nella classificazione delle donne obese: nella classe di età 30-40 la percentuale di donne obese secondo l’ IMC è del 30% raggiungendo circa l’82% se la classificazione è basata sulla percentuale di grasso. 

Questo risultato combacia esattamente con i nostri dati raccolti in oltre 25 anni di analisi della composizione corporea, e con un altro studio portato avanti dal Prof. Braverman, presentato al congresso dell’American Association of Clinical Endocrinologists a Boston.

4. Conclusione

La percentuale di obesità reale è circa 3 volte maggiore rispetto a quella stimata con l’IMC, quindi ne soffre circa l’ 80-90% della popolazione mondiale.

Soprattutto chi possiede una bassa quantità di massa muscolare e un eccesso di massa grassa, definiti “finti magri” possono essere facilmente degli obesi classificati con un IMC normale.


Fonti:

  1. Review: World J Gastroenterol. 2016 Jan 14;22(2):681-703.doi: 10.3748/wjg.v22.i2.681.
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